Oggi, per la rubrica Animalibri, parleremo di un tema molto importante per migliorare la salute e il benessere delle persone: la pet therapy. Questa espressione, ormai di uso comune, indica gli interventi assistiti con animali e i benefici sono molteplici a tal punto che dal 2003 l’impiego degli animali da compagnia è stato riconosciuto dall’ISS come cura ufficiale.
Ma come nasce la pet therapy? Scopriamolo subito!
Alle origini della pet therapy
Il termine pet therapy, è stato coniato dal neuropsichiatra infantile Boris Levinson nei primi anni ’60 e letteralmente significa terapia dell’animale da affezione. Lo studioso aveva in cura un bambino affetto da autismo e aveva applicato diverse cure su di lui, tutte rivelatasi un completo fallimento.
Un giorno i genitori avevano accompagnato il figlio in anticipo rispetto all’orario dell’appuntamento e lo psichiatra aveva deciso di farli sedere all’interno dello studio in compagnia del suo amato cocker di nome Jingles. Il cagnolino aveva iniziato già da subito un approccio di tenerezza nei confronti del bambino e negli incontri successivi, proprio grazie alla presenza di Jingles, il medico inizia finalmente a stabilire un rapporto di fiducia con il piccolo e un percorso di comunicazione con i primi risultati soddisfacenti.
Questi benefici, sia a livello psicologico che a livello comportamentale del bambino, avevano portato Levinson a intraprendere ricerche e sperimentazioni sulla pet therapy. E in effetti questa terapia, che avvicina gli animali all’uomo, nasce da un profondo legame che è esistito fin dai tempi antichi.
E sono soprattutto uomini, donne e bambini con un disagio psico-fisico ad assorbire al meglio gli effetti benefici sulla loro salute e sul loro umore. Importante ricordare che la pet therapy è sempre affiancata da una terapia tradizionale, non può esistere da sola.
In Italia gli interventi assistiti con gli animali sono diffusi principalmente al Nord: le strutture che operano da tempo sono l’Ospedale Niguarda di Milano e il Meyer di Firenze, mentre la Delta Society in Lombardia e Antropozoa in Toscana sono associazioni riconosciute che lavorano in quest’ambito da più di dieci anni.
Quali sono gli animali adatti per questo tipo di interventi?
Pet therapy: gli animali adatti
Le Linee Guida Nazionali – afferma la dottoressa Manuela Bergadano – raccomandano di coinvolgere negli interventi solo animali da compagnia, quindi cani, gatti, conigli, asini e cavalli. Ogni animale deve essere certificato, deve avere requisiti sanitari e comportamentali, attitudinali e di capacità, valutati da un veterinario esperto in pet therapy.
Requisito imprescindibile è la relazione tra il pet e il suo conduttore: solo questo legame permette la buona riuscita di un trattamento. Il conduttore è colui che lo ha addestrato e sarà presente in tutte le sedute di terapia. La nostra équipe lavora solo con cani, crediamo che per la loro storia comportamentale questi animali abbiano qualcosa in più rispetto agli altri.
Anche le galline nella pet therapy
Un’iniziativa importante diventata il primo progetto pilota nazionale per il processo di inserimento degli avicoli nell’elenco degli animali coinvolgibili in educazione e terapia assistite. Storicamente le galline nel 1800 erano impiegate negli istituti psichiatrici per calmare i pazienti e oggi negli Stati Uniti e in Inghilterra, sono utilizzate da anni nelle strutture sanitarie con ottimi risultati.
I benefici della pet therapy
La dottoressa Francesca Abellonio, direttrice sanitaria di Albavet commenta i benefici dell’interazione tra l’animale e l’uomo:
L’animale non giudica, non rifiuta, si dona totalmente, stimola sorrisi, aiuta la socializzazione, aumenta l’autostima e non ha pregiudizi. In sua compagnia diminuisce il battito cardiaco e calano le ansie e le paure. Inoltre, favorisce la piena espressione delle persone, che tra gli umani si riduce di solito solo al linguaggio verbale.
La relazione con l’animale aiuta la persona in cura a sentirsi meglio sin dai primi approcci perché ci sono esperienze positive in tutti gli ambiti: da quello fisico a quello comportamentale, da quello psico-sociale a quello educativo. I disturbi e le patologie trattate sono vastissime: l’autismo, deficit dell’attenzione, disturbi mentali e cognitivi, schizofrenia, la depressione fino ad arrivare a disturbi ossessivo-compulsivi.
La dottoressa Abellonio prosegue:
Nella maggioranza dei casi vengono attivati interventi con bambini, anziani, persone con disabilità o disturbi psichiatrici. Interagire con un animale può voler dire per un bambino sviluppare processi di apprendimento più rapidi e imparare a prendersi cura di qualcuno diverso da sé.
Una bella occasione di crescita, perché l’animale ha per lui una grande valenza emotiva: accarezzarlo e coccolarlo provoca un gradevole contatto fisico e stimola creatività e capacità di osservazione.