Il mondo letterario è in fermento: il prestigioso Booker Prize sembra avvolgersi sempre di più nella bandiera a stelle e strisce. Sei romanzi di autori americani sono entrati nella longlist del premio, un numero che supera di gran lunga quello dei loro concorrenti britannici. È giusto che il Booker, premio letterario per eccellenza del Regno Unito, sia così dominato da voci d’oltreoceano?
La longlist: una panoramica
Quest’anno, la longlist del Booker Prize conta ben sei autori americani e solo tre britannici. La lista verrà ridotta a sei nomi a settembre, con il vincitore che sarà annunciato il 12 novembre in una cerimonia a Londra. Ma chi sono questi autori che stanno facendo tanto discutere?
Gli autori americani
Tra i candidati americani troviamo Percival Everett con “James”, una rivisitazione del classico “Huckleberry Finn” dal punto di vista dello schiavo liberato Jim. Rachel Kushner è in lizza con “Creation Lake”, mentre Richard Powers ha impressionato con “Playground”. Altri nomi americani nella lista includono Rita Bullwinkel con “Headshot”, una storia ambientata nel mondo della boxe femminile, Claire Messud con “This Strange Eventful History”, una saga familiare che esplora la storia coloniale della Francia, e Tommy Orange con “Wandering Stars”, che tratta l’impatto della colonizzazione su una famiglia di nativi americani.
I britannici e gli altri
Sul fronte britannico, Samantha Harvey è in gara con “Orbital”, un racconto ambientato sulla Stazione Spaziale Internazionale, mentre Sarah Perry presenta “Enlightenment”, una storia d’amore infelice in una città inglese. Hisham Matar, con doppia cittadinanza libica e britannica, è in lista con “My Friends”, basato su una storia vera di esilio politico.
A completare la longlist ci sono Yael van der Wouden, la prima olandese a essere candidata con “The Safekeep”, l’irlandese Colin Barrett con “Wild Houses”, l’australiana Charlotte Wood con “Stone Yard Devotional” e la canadese Anne Michaels con “Held”.
“La lista di quest’anno comprende una coorte di voci globali, voci forti e voci nuove“, ha dichiarato Edmund de Waal, il celebre ceramista e presidente della giuria del premio. Ma questa globalità è vista da tutti come un valore aggiunto? Alcuni critici britannici sostengono che il Booker Prize stia perdendo la sua identità originaria. Cosa ne pensi tu? È giusto allargare i confini di un premio così simbolico, o dovrebbe mantenere un focus più nazionale?
Il futuro del Booker Prize
Il cambiamento dei criteri di ammissione avvenuto nel 2014 ha permesso a qualsiasi opera scritta in inglese di essere considerata per il premio. Questo ha sicuramente ampliato il campo, ma ha anche sollevato non poche polemiche. È più importante la qualità delle opere o la provenienza degli autori?
Il Booker Prize rimane uno dei premi più ambiti e rispettati nel panorama letterario mondiale. Le discussioni su chi dovrebbe essere ammesso e su come il premio stia evolvendo sono destinate a continuare. E tu, quale romanzo supporteresti? Lascia un commento qui sotto e facci sapere la tua opinione!