L’Alzheimer è una malattia che fa paura a molte persone. La paura di dimenticare i propri cari, le proprie esperienze è forte. Questa malattia si riferisce alla perdita di memoria e di altre abilità intellettuali talmente grave da interferire con la vita quotidiana. L’autore e attore di teatro Giovanni Gazzanni si mette alla prova e ci racconta il dolore di chi è affetto da Alzheimer e dei cari che soffrono, perché ritenuti estranei.
La perdita di memoria nell’Alzheimer
Il morbo di Alzheimer è una malattia molto complessa, e prima di parlare del libro di Gazzanni, vorrei condividere alcune semplici informazioni, che forse minimizzano la malattia. Le ho semplificate, non per banalizzare la patologia, ma per rendere al lettore più agevole il discorso. Per approfondire l’argomento, consiglio di seguire i miei colleghi del settore Tech di iCrewplay, che spiegano dettagliatamente l’evoluzione della malattia e sono sempre aggiornati sui progressi scientifici.
Il morbo di Alzheimer è un disturbo cerebrale che distrugge lentamente la memoria e le capacità di pensiero e, infine, la capacità di svolgere i compiti più semplici. Nella maggior parte delle persone con Alzheimer, i sintomi compaiono per la prima volta più tardi nella vita.
Ecco alcuni segnali:
- La perdita di memoria che sconvolge la vita quotidiana.
- Difficoltà nella programmazione o nella soluzione dei problemi.
- Difficoltà nell’adempiere agli impegni familiari.
- Confusione di tempi e luoghi.
- Difficoltà a capire le immagini visive e i rapporti spaziali.
- Problemi nel parlare e nello scrivere.
- Non trovare le cose.
- Ridotta capacità di giudizio.
- Dimenticare i propri hobby e isolarsi.
- Cambiamenti di umore e di personalità.
Una mattina qualunque di Giovanni Gazzanni
E proprio il suo lavoro probabilmente aiuta a comprendere l’andamento di questo racconto nel quale il lettore dolcemente sprofonda, vivendo e vedendo davanti a sé i due protagonisti, scolpiti magnificamente dall’autore, quasi fossero reali. I due sembrano vivere una situazione simile, fatta di solitudine e di stanchezza. Le loro esistenze scorrono tra momenti di disperazione e altri, invece, comici.
Antonio, appena può, si rifugia nel sogno e quando è sveglio non fa altro che aspettare il rientro di Margherita, sua moglie. Michele si concentra sulle esigenze del vecchio, solo perché in questo modo può allontanare il suo dolore: una lettera e i ricordi di Carolina, la sua ex compagna, lo ossessionano, assieme ai sensi di colpa per non averla saputa aiutare e per averla abbandonata in un periodo difficile.
Ed è così, in un fiume silenzioso e conosciuto, che scorre anche quella ennesima mattina.
Una mattina qualunque, in apparenza, ma che si rivelerà straordinaria. Perché tutti noi attendiamo, più o meno consapevolmente, una mattina che solo apparentemente sia “qualunque” ma che possa sbatterci in faccia la verità della nostra esistenza, stracciare il velo di Maya della nostra ipocrisia, svelarci ciò che siamo, ciò che siamo diventati, ciò che è la realtà in cui ci muoviamo. Una mattina che possa, insomma, sbatterci in faccia ciò che siamo realmente.
A innescare il cambiamento nel romanzo è Antonio: in un attimo di lucidità, riconoscerà Michele, capirà che quel ragazzo che gli sta sempre intorno è suo figlio, ricorderà purtroppo anche la morte dell’amata moglie. Tra padre e figlio nasce un confronto tenero, serrato, violento che avrà esiti dirompenti per entrambi. Michele può così guardare in faccia la realtà. E il lettore con lui.