Buondì caro iCrewer. Oggi mi trovo ad affrontare un argomento scaturito da una delle mie ultime letture; mi riferisco al libro Tarantole, Tarantolati e Tarantelle nella Spagna del Siglo De Oro
Un saggio per l’appunto che mi ha portato a parlartene in questo breve articolo!
Il saggio
Anche questo fa parte della categoria della scrittura letteraria e non è un genere letterario minore, al contrario, senza la produzione saggistica non avremmo autori come Montale, Saba, Pasolini, Calvino, tanto per citarne alcuni.
Del resto reminiscenze scolastiche mi riportano alla memoria le famose “critiche letterarie” che dovevamo fare ai testi che studiavamo di Dante, Manzoni, Torquato Tasso, magari prendendo spunto dal De Sanctis (tanto amato dalla mia insegnate d’italiano alle superiori!) e che, con il senno di poi, ne ho colto l’essenza visto che il suo procedimento si basa sullo schema del parallelismo positivo, mitizzando la letteratura come essenza della vita di na nazione; in cui il bello coincide con il buono e viceversa.
L’opera d’arte è un organismo vivente e la forma non è come il velo dell’idea ma è un tutt’uno col contenuto, una totalità organica e sinergica.
C’è chi definisce il saggista come un visionario del pensiero e un dialettico della metafora. Uno che aspira alla vita essenziale, ma non riesce a distaccarsi dalla cronaca, oscillando tra il rigore dell’aforisma e la fatuità della battuta.
Ai due estremi abbiamo lo spirito di mediazione e conciliazione e lo spirito di polemica radicale.
Eppure, paradossalmente, l’esistenza del saggio è stata offuscata dalla sua stessa diffusione, dalla versatilità e immediatezza del suo uso pratico, scrive Alfonso Berardinelli in un suo volume
I saggi critici rivelano sovente il respiro vasto di una visione che oltrepassa gli angusti recinti accademici e brillano di una cifra stilistica alta e riconoscibile; così come permane, nei migliori e più dotati scrittori contemporanei, un indiscusso talento saggistico, come per esempio in
Batticuore fuorilegge di Tiziano Scarpa
Un mondo dominato dalle regole del profitto e dalla banalizzazione quotidiana della cultura e del pensiero, e uno scrittore che, dal chiuso del suo studio o nelle esibizioni pubbliche cui viene chiamato, tenta di affrontarlo, descriverlo, ridisegnarlo.
Questo il tema portante del libro-diario nel quale Tiziano Scarpa guida per mano il lettore dentro il suo laboratorio, offrendogli i frutti del suo percorso creativo negli ultimi due anni: racconti e apologhi, invettive, satira, poesie.
Alla scoperta dei generi letterari… #54 Il saggio
Il critico moderno, anche quando si occupa di letteratura non è mai solo critico della letteratura ma anche critico del costume e delle idee; così, anche come studioso di opere letterarie classiche e moderne, il saggista opera su piani molteplici.
In quanto storico, tende a ristabilire la verità filologica liberando la tradizione da errori e pregiudizi e in quanto polemista si serve anche degli autori antichi per descrivere o denunciare il presente.
La materia e il tempo della narrazione tendono a dissociarsi e a frammentarsi in una miriade di elementi, che paiono potersi afferrare solo attraverso una minuziosa analisi riflessiva, nel poeta i processi di estraniazione del linguaggio portano gli autori a un’impegnata esperienza di autoanalisi.
Ecco perché è importante capire cosa si intende per saggio; in genere, più che essere un oggetto è un rapporto, cioè il rapporto in atto fra l’oggetto di conoscenza e di riflessione considerato e il soggetto pensante che lo considera dal suo particolare punto di vista.
Questo rapporto mobile viene espresso dal saggista in un linguaggio che non aspira ad essere neutro, ma che diventa uno stile che porta i segni tanto della situazione in cui l’esperienza dell’oggetto è stata vissuta quanto della situazione nella quale l’autore la pensa e la scrive.
Esiste anche una distinzione che prende in esame tre tipologie:
il primo potrebbe identificarsi come saggio di invenzione e di illuminazione epistemologica, quello cioè che è impostato su un metodo di lettura e di conoscenza il più possibile esauriente, penetrante e fondato delle opere letterarie.
Si tratta dell’esplicazione di un cammino di ricerca, di cui il saggio si fa diario. Spesso si tratta di una saggistica ricca di spunti autobiografici, di notazioni laterali, asistematica, organizzata come una conversazione, lontana dai rigori della critica accademica;
il secondo è il saggio di storia e critica della cultura (Adorno, Wilson, De Sanctis, Auerbach). Il suo cultore ha una visione laica e sostanzialmente disincantata dell’arte. I suoi interessi si dirigono verso un pubblico da orientare e persuadere.
I suoi fini sono perciò la critica della mistificazione sociale, la lotta contro la decadenza della morale e del gusto, attraverso la rivendicazione di grandi modelli ideali desunti, in genere, dalla tradizione;
il terzo è il saggio come autobiografia e pedagogia letteraria (Thomas Mann, Virginia Woolf, Paul Valery, Eugenio Montale, Thomas S. Eliot). Ne sono autori per lo più artisti, che vi riversano come il diario di un ininterrotto apprendistato, diario che quasi vorrebbe insegnare al lettore i segreti del mestiere di poeta, magari elencando gli autori da leggere, per spremerne l’insegnamento necessario a scrivere dei buoni testi.
Il rischio è di voler ridurre il pubblico a una ristretta cerchia di iniziati. È una saggistica dai toni manierati e un po’ freddi.
Per concludere il saggista (e soprattutto quello letterario o culturale, perché è quello che ci riguarda) si assume una funzione anche etico-pedagogica, se non altro perché induce il lettore a riflettere e magari anche a rivedere il proprio modo di essere e di pensare.