Chi coltiva sogni si mantiene sempre giovane, noi della redazione abbiamo Sogni di carta da regalare a chi legge e non solo, perchè regaliamo a chi scrive la possibilità di raccontarsi un pochino di più. Non so se Alessandro Trasciatti, autore di Acrobazie. Storie brevi e brevissime, libro che ho letto e recensito, coltiva qualche sogno nel giardino della sua scrittura: oggi siamo qui a chiederglielo. E lo ringraziamo per la disponibilità.
La prima domanda è un “classico” nelle mie interviste anche se so che raccontarsi in poche righe non è per niente facile… Chi è e cosa fa nella vita Alessandro Trasciatti, a parte scrivere?
Considerando che dalla scrittura non ho ricavato quasi mai niente, in termini di denari, ho sempre avuto bisogno di lavorare come tutti. Da più di vent’anni lavoro alle Poste, sono entrato come portalettere, poi negli anni ho cambiato varie mansioni ma è comunque un impiego molto stanziale, cerco di rifarmi nei fine settimana.
Per alcuni anni ho scritto articoli per una rivista di viaggi, quello era un bel modo di unire l’utile al dilettevole, anche se quando si fanno dei reportage (anche piccoli come nel mio caso) non si è affatto in vacanza, però era un’attività che soddisfaceva il mio bisogno di cambiare spesso panorama visivo. Purtroppo la rivista per cui scrivevo ha chiuso, spero non per colpa mia. Adesso mi piace andare a visitare i luoghi d’arte minori, le pievi di campagna, i borghi, le ville in collina.
Da quanto tempo coltivi la passione per la scrittura e quali sono le tue fonti di ispirazione?
La passione per la scrittura potrei dire di averla sempre avuta, almeno dalla seconda liceo, quando cominciai a scrivere i primi raccontini e, insieme a due compagni, misi in piedi una fanzine che si chiamava GlassMagazine; non era un giornalino di classe, ma un pot-pourri (stampato male, impaginato peggio) dove si parlava di musica, letteratura, fumetti, attualità demenziali.
Per quanto riguarda le cosiddette fonti d’ispirazione, be’, direi di non averne, tutto può diventarlo. Però potrei anche dire che quello che mi spinge a scrivere è l’osservazione di me stesso, la tendenza all’autoanalisi. Credo di averlo già scritto da qualche parte, ma quando uno tende a vedersi vivere, a osservarsi mentre agisce, allora diventa un po’ un personaggio del proprio personale racconto ed è in quel momento che comincia a scrivere. Perlomeno a me succede spesso così.
Negli ultimi anni ho cominciato ad avvicinarmi ad alcuni personaggi storici che sentivo congeniali e ho provato a raccontarne le vite. Però, anche in questi casi, non ho scritto delle biografie classiche, ho sempre finito per parlare anche di me e credo di avere fatto diventare questi personaggi delle figure simboliche, rappresentative del mio modo di stare al mondo.
Alessandro Trasciatti: uno stile particolare
Premetto che Acrobazie. Storie brevi e brevissime è il tuo primo libro che leggo e quindi la conoscenza che posso avere della tua scrittura è limitata. So però che hai altre pubblicazioni al tuo attivo. E per questo ti chiedo: lo stile di Acrobazie, alquanto particolare, è unico nella tua produzione o è, in qualche modo, una tua “costante fissa”?
Un amico mi ha fatto notare che nei libri precedenti scrivevo in maniera più semplice, più diretta, mentre in questo la lingua è più elaborata, il lessico più ricercato. Credo che sia vero, ma bisogna tenere presente una cosa, cioè che molti dei brani che compongono questo volumetto risalgono a dieci, venti, anche trent’anni fa. Forse tradiscono un certo virtuosismo giovanile. Invecchiando si sfronda molto, l’essenzialità è sempre una conquista.
I temi che caratterizzano Acrobazie sono, o forse è meglio dire appaiono, alquanto autobiografici, perdona la mia curiosità ma mi piacerebbe sapere quanto di reale c’è nei tuoi racconti e quanto di romanzato…
Quando un libro è scritto in prima persona ci si chiede sempre quanto ci sia dell’autore e quanto della sua immaginazione. Anche se la prima persona non è affatto garanzia di autenticità, si può scrivere in prima persona e inventare dalla prima all’ultima riga. Che importanza ha?
Tuttavia, come dicevo prima, io mi osservo vivere e quindi mi racconto, non ho alcuna difficoltà ad ammettere che molti dei fatti narrati nel libro mi sono capitati realmente, come l’episodio in cui, essendo cameriere di pizzeria, bacio una cliente o quello in cui, da piccolo, me la faccio addosso all’asilo di via Buiamonti, a Lucca. Ma ci sono anche racconti dove accadono cose stranissime perché altro non sono che resoconti di sogni o di incubi. A loro modo anche loro sono veri. Preferisco non specificare troppo, sarebbe come mettere le didascalie alle barzellette.
Ho avuto l’impressione leggendo Acrobazie di avere davanti tanti tasselli, episodi, frammenti che raccontano una vita, e ho pensato che tirare fuori dal profondo di sé stessi piccole storie apparentemente slegate può essere terapeutico… Sei d’accordo con questa mia affermazione?
Certamente la scrittura può essere terapeutica, un modo per oggettivare desideri, rabbie, paure. Personalmente tengo un “diario della rabbia” dove scrivo le cose più immonde e infami e che periodicamente distruggo, senza nemmeno rileggere. Mi serve per sfogarmi, ma non ha alcuna funzione estetica. Se si decide di fare un libro con quello che si scrive, bisogna tornarci su con calma, rileggere, correggere, riscrivere, scartare. Non siamo più nell’ambito della terapia, ma della ricerca del bello.
Alessandro Trasciatti e le Acrobazie illustrate
Alessandro, sei anche autore delle illustrazioni di Acrobazie: la copertina presenta un tuo disegno che riflette il titolo, e non poteva essere altrimenti. Nella recensione del tuo libro ho provato a dare un’interpretazione, vuoi adesso spiegare tu ai nostri lettori il senso dell’essere in bilico sulla punta di una piramide sostenuto da una “creatura volante”?
La tua spiegazione calza a pennello. Nel disegno si vedono due creature, una maschile e una femminile, strettamente uniti in bilico sulla punta di una piramide. Sono due acrobati? Due amanti? Forse tutte e due le cose. L’equilibrio è precario, ma loro sono saldamente uniti. L’amore come acrobazia. La vita intera come acrobazia.
Una mia curiosità da appassionata di poesia: considerando la brevità dei tuoi racconti e lo stile che si avvicina molto alla prosa poetica, hai mai tentato di scrivere versi?
Ho scritto versi per almeno un decennio, tra gli anni Novanta e il Duemila. Poi, forse sbagliando, ho pensato che non fosse più il caso, che era un “mestiere” che non mi si attagliava ed era meglio lasciarlo fare a chi era più capace.
Concludo questa chiacchierata con un’altra domanda di rito… Cosa c’è nel futuro di scrittore di Alessandro Trasciatti?
Un libro di versi, appunto. Uscirà a settembre per l’editore Pequod, nella collana diretta da Valentino Ronchi. Raccoglie la produzione del mio “decennio poetico”, più una lunga prosa dove racconto la vita (reale e fantastica) di un originalissimo poeta dei nostri giorni, Roberto Amato. Siccome finisco col raccontare anche di me, oltre che di Amato, il libro si intitolerà Biografia di un biografo.
Da appassionata lettrice di versi e affini, inutile dire che sono molto curiosa di leggere la prossima pubblicazione di Alessandro Trasciatti…