Alessandra Di Maio mamma, avvocato, redattrice… Ora un racconto pubblicato dalla una casa PubMe. Chi è Alessandra?
Alessandra è una sognatrice. Forse anche troppo. Osservo una nuvola e ne resto incantata, noto una coppia di anziani tenersi per mano e mi commuovo, guardo una scena e ci ricamo su una storia. Sogno e mi emoziono decisamente parecchio. Sono una persona che ha sempre creduto nella giustizia, tanto da farne una professione. Quando ho davanti una persona cerco, innanzitutto, di compenetrarmi, di guardare oltre l’aspetto fisico, leggo i suoi occhi e faccio diventare mio, il suo problema. Non è un bene, lo so, l’empatia può essere un’arma a doppio taglio, tuttavia non riesco a farne meno.
Mi piace far ridere le persone, ho fatto dell’ironia – e dell’auto – ironia – uno stile di vita.
La scrittura è sempre stata un tuo sogno nel cassetto?
Sì, lo è. Ho sempre definito la scrittura come la migliore espressione di me stessa. Sin da piccola mi sono dilettata a scrivere, anzi, a questo proposito, proprio l’altro giorno mio padre ha trovato, ben custodito tra i suoi documenti, una favola sul Natale che avevo scritto da adolescente. Rileggerla è stata come guardare dentro una me stessa un po’ più giovane (di gran lunga direi), ma sempre con gli stessi ideali e con la stessa passione. Mi sono rivista mentre battevo sui tasti della macchina da scrivere la mia storia, mi sono osservata mentre costruivo parola dopo parola quella favola di Natale dove, anche se su carta, avevo deciso di regalare un mondo migliore ai due protagonisti, per l’appunto due bambini orfani.
Attraverso la scrittura puoi permettere agli altri di entrare dentro il tuo mondo, di regalare agli altri la tua visione personale delle cose. Certo, può non piacere, è ovvio, ma permette a quella parte recondita e nascosta di te, di poter uscire allo scoperto.
In realtà ho anche un altro sogno – te l’ho detto che sono una sognatrice seriale – questo però è strettamente legato alla mia professione. Poter realizzare uno sportello che si occupi di Adozioni, trovo ingiusto che nel mondo ci siano così tanti bambini incolpevolmente privati di una famiglia che li ami e che li coccoli, al tempo stesso trovo triste il fatto che ci siano così tanti genitori che potrebbero dare a quei bambini proprio quell’affetto di cui hanno bisogno. E allora, perché non far sì che le due cose si incontrino?
Quanto ti è stato utile collaborare con libri.iCrewplayLibri per dare vita al tuo racconto?
iCrewplayLibri mi ha dato quella forza e quel coraggio per mettermi in gioco, insomma mi ha fatto capire che se volevo, potevo. Qui non ci conosciamo personalmente, ma incredibilmente ci sentiamo tutti vicini, nonostante lontananze chilometriche ci separano. Se stai attraversando un momento no, tutti gli altri sanno trovare sempre quella parola per tirarti su e per farti capire che non sei solo.
Se esistono le famiglie virtuali iCrewplay ne è la prova.
Piccole donne una volta… Piccole donne per sempre è un titolo che ci riporta al grande romanzo Piccole
Piccole Donne è il mio romanzo preferito, sarà che la prima copia mi è stata regalata da mia madre, copia che custodisco quasi fosse un cimelio raro e prezioso, e in effetti per me lo è. Questo romanzo ci mostra come l’unione, la forza, la speranza, la perseveranza, ti aiutino a superare qualsiasi difficoltà ed a raggiungere i tuoi obiettivi. Prendiamo Jo: lei voleva diventare una scrittrice, non si è mai arresa, nonostante le tante porte sbattutele in faccia e i giudizi negativi. Non è solo questo, in effetti, tutte le protagoniste hanno delle particolarità caratteriali che le rendono uniche e nelle quali ciascuna donna può ritrovarsi. Ti confido una cosa: vorrei essere come Jo, ma mi rivedo in Meg.
Ho scelto questo titolo perché in fondo la nostra protagonista, Charlotte, è una Piccola Donna cresciuta troppo in fretta, ha visto il suo tranquillo mondo riempirsi di crepe, una ragazza che ha perso il suo guscio protettivo, diciamo così, e quindi, volente o nolente, è stata lanciata contro il mondo esterno, venendosi a trovare faccia a faccia con le sue coetanee che sanno essere parecchie perfide, se ci si mettono. Charlotte, però, non perderà mai la speranza, capirà che i momenti bui possono essere attraversati e sconfitti, se c’è qualcuno che ti tende la mano e poi, diciamolo, anche il destino può riservarci delle piacevoli sorprese.
Alessandra Di Maio e le donne
Scrivi di donne, lavori per dare voce alle donne… Quanto di te c’è nel tuo racconto?
Potrei sembrare una femminista bigotta, ma non lo sono. Credo però fermamente nel potere e nella forza delle donne, nel loro avere quella marcia in più che le rende imbattibili, che non fa mai loro esclamare “Oh no, adesso che farò”, no, le donne piuttosto dicono “Va bene, è successo troviamo una soluzione”. Si parla di parità di sessi, ma in realtà ancora oggi, soprattutto in ambito lavorativo, sussistono parecchie remore nei confronti delle donne. Insomma, le donne non sono il sesso debole, ma di certo hanno bisogno di maggiore considerazione e soprattutto libertà: libertà di decidere cosa è meglio fare per loro e per la loro vita.
E quindi, benché le donne non ne abbiano bisogno, mi sento di dover dare una mano a tutte coloro che si trovano in difficoltà.
In questo racconto c’è il mio cuore, quindi c’è parecchio di me. Per certi aspetti mi sono rivista in Charlotte, la fase dell’adolescenza, il timore di non piacere e di non sentirsi accettate. In fondo essere adolescenti è difficile, ma oggi, a mio avviso, lo è ancora di più. Ti ritrovi a dover dismettere i panni da bambino per indossare quelli di quasi – adulto, non è semplice. Decisamente. Soprattutto se non sai farti scivolare le cose addosso o se sei parecchio sensibile.
Un colore, un aggettivo e una canzone per Piccole donne una volta… Piccole donne per sempre.
Se penso ad un colore mi piace pensare all’azzurro, azzurro come il mare e come il cielo, un colore che ti dona serenità. Riguardo l’aggettivo direi emozionante. Infine, se devo scegliere una canzone, invece, mi sento di dire Il mio regalo più grande di Tiziano Ferro. È una canzone che mi ha sempre coinvolta e non so, la vedrei indicata per questo racconto, soprattutto in certi momenti.
Alessandra e la scrittura: c’è un futuro?
Me lo auguro. Cioè, è chiaro che io non potrei mai abbandonare la scrittura. Nemmeno se lo volessi. Un foglio di carta bianco, per me, è un richiamo irresistibile, la mia mente si mette in azione senza che io me ne renda conto. Pensare a nuove storie mi entusiasma, mettere su carte delle idee primordiali, vedere come si sviluppano, osservarle prendere forma, crescere, sino a diventare qualcosa di concreto è qualcosa di veramente emozionante, indescrivibile. No, credo che, a prescindere da come andranno le cose, non potrei mai smettere di scrivere. È parte integrante di me.
Grazie Maura per questa bellissima intervista, te ne sono grata.
Grazie a te Alessandra per il tempo che ci dedichi!