Sì, il mondo del tennis ha sempre avuto la prerogativa di ammaliare per la particolarità dei suoi personaggi, ancora oggi, se un torneo prevede una sfida importante, è difficile scollarmi dalla TV e se capita di rivedere il Panatta di oggi, devo dire che lo sguardo ammaliatore colpisce ancora. Mi accadeva anche negli anni ’70, quando nei tornei circolavano Jimmi Connors, Bjon Borg, John McEnroe, Nicola Pietrangeli e il nome di Adriano Panatta, all’epoca giovanissimo, faceva capolino vincendo i primi tornei nazionali.
Adriano Panatta il talento del campione
Che Adriano Panatta fosse nato talentuoso non lo dicono solo i successi conquistati, ma tutti coloro che su di lui, all’epoca, avevano scommesso. Una cosa è certa, il destino tennistico di “Ascenzietto” (così veniva chiamato dagli amici) in qualche modo è segnato.
É figlio del custode di uno dei circoli più importanti di Roma, respirare la terra rossa dei campi è il pane quotidiano così come prendere la racchetta e cominciare a tirare i primi colpi. Il rapporto con la racchetta appare il più naturale dei gesti, è bravo, grintoso, ha un dritto formidabile, gioca un tennis fuori dagli schemi e questo basta per calamitare l’interesse degli esperti del settore.
Partecipa e vince i primi tornei; ai Campionati Italiani Assoluti del 1970 Panatta si scontra con Nicola Pietrangeli, campione in carica ed esce dal campo vittorioso, titolo che conquisterà anche l’anno successivo.
Si presenta e vince agli Internazionali a Bournemouth del 1973, a Firenze nel 1974, a Kitzbühel e Stoccolma nel 1975, ma per entrare nel gotha dei migliori il talento e la voglia di vincere non bastano, ci vuole ambizione e costanza nel rendimento.
E se la voglia di emergere è tanta, la costanza invece crea non pochi problemi. A periodi strepitosi alterna altrettanti, il più delle volte, mediocri. Tra un torneo e l’altro, Adriano riempie le pagine dei giornali, attira l’attenzione di donne famose e la lista è lunga: Loredana Bertè, Novella Calligaris, Mita Medici, Serena Grandi e Clarissa Burt. Si sa il fascino del campione non lascia indifferenti.
Adriano Panatta :un campione dentro e fuori il campo
Affascina anche quando gioca, il suo si rivela un gioco frizzante a fondo campo come a rete e i risultati si vedono. Rimane memorabile la vittoria su Bjorn Borg nell’edizione del 1976 al Rolang Garros di Parigi e non sarà la sola. Nello stesso anno vince Coppa Davis e gli Internazionali d’Italia. Non credo di aver mai rinunciato ad assistere i memorabili incontri della coppia Panatta/Barazzuti, erano uno spettacolo e vincevano sempre! Dopo 10 tornei del circuito maggiore in singolare, 26 finali disputate, 18 titoli su 28 finali in doppio, nel 1983 Adriano Panatta si ritira accettando il ruolo di capitano nella squadra italiana di Coppa Davis che ricoprirà dal 1984 al 1997.
Nel frattempo si dedica a motonautica e offshore, anche lì si mette in mostra conquistando nel 1991 la Coppa del mondo. Non contento nel 2009 scrive il libro Più dritti che rovesci. Incontri, sogni e successi dentro e fuori dal campo, nel 2014 esce a quattro mani con Paolo Villaggio Lei non sa chi eravamo noi e nel 2018 pubblica in collaborazione con Azzolini Il tennis è musica. Per distrarsi dalla letteratura partecipa, anche se per pochi frame, alle riprese del film La profezia dell’Armadillo, in una scena che diventerà virale.
Come insegna la matematica, pur cambiando i fattori il risultato non cambia e dai successi, sportivi e letterari, capisco che Adriano Panatta la voglia di vincere non l’ha mai persa. Il nuovo libro ha un sottotitolo particolarmente lungo e significativo, con una cover molto bella dedicata al campione spagnolo Rafael Nadal, il mio preferito tra l’altro.
Non è solo una battuta. Il tennis l’ha inventato il diavolo è un concetto maledettamente oggettivo, circostanziato e condiviso da chiunque abbia impugnato una racchetta e colpito una pallina. Il tennis è stressante, logorante e abbrutente, l’unico sport che «obbliga a giocare contro cinque avversari: il giudice di sedia, il pubblico, i raccattapalle, il campo e me stesso», diceva Goran Ivanišević. “E l’avversario, quello vero?” gli chiedevano. «Anche, ma lui è il meno», rispondeva il croato.
Lo sa bene Serena Williams, battuta da una millennial diciannovenne, o Andy Roddick che divenne amico del suo diavolo preferito, un certo Roger Federer. Poi c’è Nastase che interrompe il match con McEnroe e pretende la sostituzione dell’arbitro per ricominciare, e Fognini che a microfoni aperti si lancia in una filippica sessista contro la giudice di sedia.
“In questo libro, divise in nove gironi infernali, le storie più incredibili e segrete del tennis, raccontate da Panatta e vissute da protagonista o da spettatore diretto, per sorprendere e incuriosire anche quelli che credono di sapere quasi tutto di questo sport diabolico“.