Caro iCrewer, purtroppo mi trovo seduta alla scrivania a scrivere questo triste articolo. Oggi è venuto a mancare un importantissimo scrittore, Wilbur Smith.
È morto all’improvviso, senza dare avvisaglie, proprio come i colpi di scena dei sui libri. Il Signore dell’Avventura si è spento a 88 anni a Cape Town, in Sudafrica. Sul suo sito ufficiale, leggiamo:
Se n’è andato inaspettatamente nel pomeriggio, dopo una mattinata di lettura e scrittura al fianco della moglie Niso.
È stato un attivo e prolifico scrittore. Fino alla fine ha dato sfogo alla sua fantasia. Basti pensare che proprio pochi giorni fa è stato pubblicato il suo ultimo romanzo, Il nuovo Regno, scritto con il giornalista Mark Chadbourn e ambientato nell’Antico Egitto. Tra dieci giorni arriverà nelle librerie Le avventure di Jack Courtney – Fulmine, il seguito del suo primo libro per ragazzi, Tempesta.
Wilbur Smith: dalla contabilità alla scrittura
Wilbur Smith nasce a Broken Hill (Rhodesia del Nord, attuale Zambia) il 9 gennaio 1933. Sotto pressione della famiglia, si laurea in scienze commerciali nel 1954, e lavora come contabile.
Poco prima dei trent’anni, Wilbur Smith inizia a scrivere, ambientando le sue storie nell’unico luogo che conosceva benissimo, l’Africa. Parlava del Continente Nero descrivendone luoghi, paesaggi sconfinati, foreste, animali selvaggi, la vita degli indigeni e la lotta all’apartheid.
Dopo una ventina di rifiuti, nel 1964, la Heinemann pubblica il suo romanzo d’esordio, Il destino del leone, che apre il ciclo dei Courtney. Entra subito come autore di Best Seller.
Seguiranno altri grandi successi come La spiaggia infuocata, Il dio del fiume e Il settimo papiro. In tutto, ad oggi, fanno 49 libri. D’altronde, durante la sua vita in Africa, lui aveva visto tutto: la caccia grossa, le miniere, la corsa all’oro, le storie dei bianchi e dei neri.
Nei 49 romanzi che Wilbur Smith ha pubblicato, ha trasportato i suoi lettori nelle miniere d’oro in Sud Africa, pirateria nell’Oceano Indiano, tesori sepolti nelle isole tropicali, conflitto in Arabia e Khartoum, antico Egitto, Germania e Parigi della seconda guerra mondiale, l’India, le Americhe e l’Antartico, incontrando spietati commercianti di diamanti e schiavi e cacciatori di selvaggina grossa nelle giungle e nella boscaglia delle terre selvagge africane.
Il celeberrimo scrittore ha anche ammesso che i suoi personaggi sono i suoi alter ego. Tuttavia, è stato con Taita, l’eroe della sua acclamata serie egiziana, che Wilbur si è maggiormente identificato, e River God rimane uno dei suoi romanzi più amati fino ad oggi, si legge ancora nella nota che annuncia la sua morte.
Smith, esperto come boscimane, sopravvissuto e cacciatore di selvaggina grossa, ha ottenuto il brevetto di pilota. Inoltre, era un esperto subacqueo, un conservatore, gestiva la propria riserva di caccia e possedeva un’isola tropicale alle Seychelles.
Ha anche usato le sue vaste esperienze al di fuori dell’Africa in luoghi come la Svizzera e la Russia rurale per aiutare a creare i suoi mondi immaginari.
La sua vita, dettagliata nella sua autobiografia, On Leopard Rock, è stata commovente e piena di incidenti come tutti i suoi romanzi. Prende il nome da uno dei fratelli pionieri del volo aereo Wilbur Wright.
On Leopold Rock. L’avventura della mia vita, di Wilbur Smith.
I libri sono diversi fra loro come le persone.
Non esistono regole, modelli o garanzie. Quasi sempre, se scrivi un romanzo e vuoi vederlo pubblicato, stai invitando la sofferenza a entrare nella tua vita, ma ciò non significa che tu non debba tentare. Come in ogni impresa, come nel realizzare ogni sogno, come nella vita in genere non bisogna mai arrendersi! La fortuna aiuta gli audaci. Quando cominciai a scrivere mi sentii dire da gente del settore: «Arrivi tardi, l’epoca dei libri è finita», così replicai: «D’accordo, terrò duro». Ormai scrivo da più di cinquant’anni. Sono stato tanto fortunato da evitare le grandi guerre e non farmi sparare, ma anche tanto fortunato da crescere fra gli eroi che avevano combattuto in quei conflitti e da imparare dal loro esempio. Ho avuto la fortuna di vivere e scrivere quando i libri rappresentavano una parte essenziale della società e le persone non erano distratte da cellulari, tablet o computer. Ho sempre avuto fortuna.
Mi sono ritrovato in situazioni che sul momento sembravano terrificanti, persino catastrofiche, ma da cui è scaturita un’altra storia o una conoscenza più profonda dell’indole umana e la capacità di esprimermi meglio sulla carta, e quindi di scrivere libri che sempre più persone hanno letto e continuano a leggere.
Nel frattempo ho assaporato una vita che non avrei mai potuto immaginare. Ho avuto il privilegio di conoscere persone provenienti da ogni angolo del pianeta. Sono andato ovunque il mio cuore abbia desiderato e i miei libri hanno anche portato i lettori in molti, moltissimi luoghi diversi.
Come amo ripetere, ho fatto scoppiare guerre, raso al suolo città e ucciso centinaia di migliaia di persone, ma solo nella mia immaginazione. Non sono più obbligato a scrivere – sotto il profilo economico non sono più costretto a farlo da tempo – ma continuo a farlo perché traggo un enorme piacere dal raccontare storie.
Un giorno Stephen King, molto gentilmente, ha detto: «Ci si può perdere nel mondo di Wilbur Smith». Be’, anch’io mi perdo nel mondo di Wilbur Smith. C’è stato un momento nella mia vita in cui trovavo molto eccitante il pericolo: pilotavo aerei, guidavo auto veloci, uscivo con donne ancora più veloci, davo la caccia ad animali pericolosi, tutte attività che mi spingevano verso l’orlo del precipizio.
Ho attraversato momenti difficili, ho avuto matrimoni poco riusciti, ho visto persone care morirmi fra le braccia, ho passato notti in bianco senza concludere nulla, ma alla fin fine tutto questo ha reso la mia vita straordinariamente piena e magnifica, con una donna che è diventata la mia anima gemella nell’autunno della mia esistenza.
Il mio obiettivo è scrivere fino a cent’anni, vivendo con lo stesso entusiasmo che attribuisco ai personaggi dei miei libri. Voglio essere ricordato come qualcuno che ha dato gioia a milioni di persone e che ha trascorso ore meravigliose nel farlo. Guardo indietro alla mia vita e non ho rimpianti.
Adesso, in tarda età, quando le foglie d’autunno diventano d’oro, marrone bruciato, arancione acceso, io mi sto divertendo moltissimo. Non smetterò di scrivere fino a quando non smetterò di respirare, e anche in quel momento il coperchio della mia bara si aprirà cigolando e una mano scheletrica emergerà e scriverà la parola FINE.
Come ha scritto Hilaire Belloc: Quando sarò morto, spero si potrà dire: “I suoi peccati sono stati atroci ma i suoi libri sono stati letti.