Qual è una delle prime cose che facciamo quando abbiamo bisogno di cambiare vita? Andiamo dalla parrucchiera, o dal parrucchiere, perchè i capelli sono uno dei mezzi privilegiati dell’espressione di sé. Che sia scegliendo un colore particolare, uno stile ben definito, una specifica lunghezza o accessori che catturano lo sguardo, l’importante è dare sfogo al proprio io. Nel caso delle acconciature africane, però, a ciò si aggiunge un sottotesto culturale molto importante e, a volte, doloroso.
Se, infatti, spesso un taglio di capelli particolare può guadagnarsi qualche strana occhiata, nella società europea e nord-americana, le acconciature africane possono ancora generare reazioni diverse. Sebbene la situazione stia migliorando (e sarebbe anche ora), molte persone finiscono per fare commenti spiacevoli o offensivi, ignorando il grandissimo valore culturale e tradizionale di questi stile – e evidentemente senza rendersi conto della grandissima abilità e del tempo necessari per realizzare quei capolavori (soprattutto se pensiamo che in molti casi è la persona stessa a farseli da sé).
Uno dei mezzi migliori per far sì che comportamenti offensivi come quelli appena citati non si perpetuino è, a mio parere, l’informazione (oltre al mettersi nei panni della persona a cui ci si sta riferendo e pensare come ci farebbero sentire quelle parole, ma a volte mi rendo conto che per alcuni individui si tratti di un passo mentale che non viene neppure preso in considerazione). E quindi, impariamo insieme qualcosa di nuovo e scopriamo il mondo.
Acconciature africane: una lunga storia di tradizioni e culture
Le acconciature africane hanno una storia antichissima, che risale fino al 3000 a.C. Non solo i capelli venivano considerati la parte del corpo più vicina agli dei – perchè situata nel punto più alto – ma erano, e sono tutt’ora, anche un mezzo per comunicare status sociale e/o matrimoniale, appartenenza etnica – anche il collegamento al fatto che a seconda dell’area geografica i capelli possano avere texture diverse, e quindi necessità diverse – età e religione.
In Ghana, ad esempio, tutte le bambine e le ragazzine che vanno a scuola (dall’equivalente delle elementari, fino all’equivalente delle superiori) portano i capelli corti in uno stile maschile, per indicare non solo che sono minorenni, ma anche che sono studentesse. Tra i Fulani – una tribù nomade del Sahel – invece, il cui stile è caratterizzato da una particolarissima tipologia di trecce, le donne sono solite adornare la chioma con pezzetti d’ambra, di conchiglie e d’argento. Diffusa è anche l’usanza di trascurare i propri capelli durante il periodo di lutto.
Il momento di creazione delle acconciature africane, poi, rappresenta un’occasione sociale davvero importante. Non solo i capelli continuano a mantenere un carattere quasi sacro (e quindi lasciare che qualcuno li tocchi e li acconci non è cosa da poco), ma le ore necessarie per la realizzazione consentono alle persone interessate d’intessere nuove conoscenze o rafforzare rapporti.
I traumi legati alle acconciature africane
Non dobbiamo, però, dimenticare, come alle acconciature africane siano legati anche traumi che hanno interessato, e interessano ancora, intere generazioni.
Tutto ha avuto origine dalla piaga che è stata la tratta degli schiavi africani. Si stima che tra il 1500 e il 1900 circa 20 milioni di persone siano state rese schiave e portate via con la forza dal proprio Paese. Una delle prime azioni degli schiavisti era proprio quella di rasare i capelli, per deumanizzare le vittime, per annullare differenze di genere, età, etnia. Quando i capelli iniziavano poi a ricrescere, erano difficili da gestire, in quando gli schiavi non avevano più a disposizione le erbe e gli unguenti che in africa erano utilizzati per la cura personale, e dovevano arrangiarsi con ciò che riuscivano a reperire sul luogo di prigionia.
A ciò si deve aggiungere che, soprattutto per quanto riguarda le piantagioni americane, lo stile di vita che si trovavano a condurre richiedeva che le tradizionali acconciature africane venissero riadattate per essere pratiche al lavoro. Le trecce divennero però anche una fonte di speranza: non solo al loro interno si potevano nascondere semi o frammenti d’oro, ma le donne, a cui era solitamente concesso di spingersi più in là all’interno delle piantagioni, intrecciavano i capelli in modo da raffigurare mappe e vie di fuga.
L’abolizione della schiavitù non comportò un miglioramento della percezione delle acconciature africane da parte della società occidentale, anzi. Negli Stati Uniti si arrivò perfino a varare leggi che obbligavano le donne a coprire i capelli con foulard o stoffe, perchè considerati troppo appariscenti – per fortuna l’approccio delle donne afroamericane fu quello di scegliere stoffe dai colori molto accesi e riccamente decorate, spiccando così ancora di più.
A ciò si deve aggiungere l’imposizione culturale di parametri di bellezza che prediligevano le caratteristiche fisiche che più si avvicinavano ai tratti caucasici, e quindi pelle chiara e capelli lisci. Per questo motivo, per secoli, in molti hanno fatti di tutto per rientrare in questi canoni, arrivando persino a usare prodotti chimici, a volte anche nocivi, con effetti che potevano essere anche permanenti.
Fortunatamente, a partire dagli anni Venti, e soprattutto dagli anni Novanta, del Novecento, l’opinione riguardo alle acconciature africane ha cominciato a cambiare. Dalla stigmatizzazione, si è passati a movimenti che ne promuovono la rinascita, la valorizzazione e la riappropriazione culturale.
Per quanto riguarda l’atteggiamento del resto della società – ossia ciò su cui dobbiamo lavorare – passi avanti sono sicuramente stati fatti ad esempio nell’industria della cura del capello, con lo sviluppo di prodotti adatti, ma la strada è ancora lunga.
Le acconciature africane sono, infatti, ancora pregne di stereotipi agli occhi di chi non ne vuole apprezzare bellezza e complessità, e sono anche oggetto di appropriazione culturale. Capita che quando una qualche superstar – caucasica – sfoggi uno stile palesemente derivante da un’acconciatura africana venga elogiata dalla critica come un esempio di interculturalità. Tuttavia, se a portare le trecce è una persona nera, le può anche venire negato il posto di lavoro o, nel caso di personalità ad esempio del mondo del cinema, le può venir consigliato di cambiare, per “migliorare la propria immagine”.