Classico è quel libro che una nazione
o un gruppo di nazioni o il lungo tempo
hanno deciso di leggere come se nelle sue pagine
tutto fosse deliberato, fatale, profondo come il cosmo
e suscettibile di interpretazione senza fine.
J.L. Borges
Una nuova sfida caro iCrewer. Un Almanacco del giorno e del mese che prenderà in esame attraverso fatti di cronaca, eventi storici, curiosità, gli
Accadde che… di un anno,
il 1945
È un anno del Ventesimo secolo! Come raccontarti bene questo periodo? Come riassumerlo? Come seguire il filo delle vicende che si sono susseguite, senza provare il rifiuto di adattarvisi, per la rapidità e crudezza degli eventi.
Definirlo un anno di transizione? Non è possibile. Quali erano i dubbi e le riflessioni di chi, pur trovandosi dalla parte dei vincitori, si apprestava a ricostruire dalle macerie un paese diviso, e chi invece improvvisamente si era trovato dalla parte dei vinti senza neppure aver capito bene il perché.
Ciò che cercherò di presentarti non vuole essere dietrologia, ma la speranza che il ricordo di alcuni “episodi” più o meno eclatanti, in Italia e nel mondo, possano aiutare a rivedere i fattori e i valori su cui, nel bene o nel male, basiamo ancora oggi i nostri ideali.
Chiaramente il filo conduttore saranno sempre i libri, e vorrei cominciare con il riportare alcune parole di Piero Calamandrei: “Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”.
E guarda caso è appena iniziata su Rai 1 la miniserie “La guerra è finita” ambientata proprio nell’anno della Liberazione, nei mesi in cui i sopravvissuti alle deportazioni tornano a casa, e alcuni non troveranno più nessuno della famiglia ad attenderli: bambini, ragazzi e adolescenti che hanno visto e vissuto l’orrore – allora ancora nascosto e indicibile – dei campi di sterminio. Infatti, quando il pomeriggio del 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche della prima Armata del Fronte ucraino abbatterono i cancelli di Auschwitz, si trovarono di fronte 7 mila fantasmi, esseri umani ridotti pelle e ossa, che fecero emergere le prime tracce dell’orrore consumato all’insaputa del mondo intero. Da ricordare tra i sopravvissuti lo scrittore torinese Primo Levi e il suo primo libro: Se questo è un uomo
“Testimonianza sconvolgente sull’inferno dei Lager, libro della dignità e dell’abiezione dell’uomo di fronte allo sterminio di massa, “Se questo è un uomo” è un capolavoro letterario di una misura, di una compostezza già classiche. È un’analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell’umiliazione, dell’offesa, della degradazione dell’uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio.
Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò Se questo è un uomo nel 1947. Einaudi lo accolse nel 1958 nei “Saggi” e da allora viene continuamente ristampato ed è stato tradotto in tutto il mondo.”
Mentre un altro testo sopravvissuto alla “vittima” è il Diario di Anna Frank.
E c’è anche un libro che parla proprio del 1945, è
“È la memoria degli sconfitti nella guerra civile ad accompagnarci lungo le pagine di questo libro. Storie dolenti, mai venute alla luce, che Giampaolo Pansa ha raccolto, cercato, ricostruito con partecipazione, puntiglio e grande rispetto per le troppe vittime incolpevoli, travolte dagli orrori della resa dei conti quando erano ragazzi o bambini. Storie sempre taciute per molte ragioni: la condizione di perdenti, l’ostilità dei vincitori, l’isolamento sociale e, nell’immediato dopoguerra, la paura di possibili vendette anche contro i genitori, i figli o i fratelli dei fascisti uccisi. Un capitolo proibito della nostra storia, narrato da italiani vissuti per sessantanni nella condizione obbligata di prigionieri del silenzio. Un’opera da cui emerge con chiarezza quanto l’Italia sia ancora oggi un paese diviso, a dispetto dell’antifascismo sbandierato dalla cultura dominante.”
E gli orrori si fanno strada, ancora e ancora, perché se da una parte sembra finita vi sono ancora alcune sacche, frange, per i quali, sebbene la guerra sia persa, non si arrendono convinti di poter ottenere ancora qualcosa.
Il 2 maggio i sovietici conquistano Berlino; una città ridotta ad un cumulo di macerie e i cui abitanti sono allo sbando e alla fame. Per gli americani è stata tutta una questione di potere, l’hanno ceduta loro al popolo russo.
Benché la battaglia di Berlino abbia posto fine alla seconda guerra mondiale nel contesto europeo, restava ancora aperto il fronte del Pacifico che vedeva contrapposti gli Stati Uniti e il Giappone, ed infatti un altro evento catastrofico viene iscritto in questo anno:
L’atomica su Hiroshima il 6 agosto, seguita dopo tre giorni da quella su Nagasaki.
In quarantatré secondi morte e distruzione totale con conseguenze ambientali inimmaginabili per l’effetto devastante a seguito di avvelenamento da radiazione.
L’atto conclusivo della seconda guerra mondiale, il più vasto mai perpetrato nella storia e che ha provocato la morte di 55 milioni di persone, di cui oltre la metà civili, si chiude definitivamente il 2 settembre 1945 con la firma della resa del Giappone.
Non ci sono solo eventi negativi da evidenziare, infatti l’Italia getta le basi della sua futura vita democratica allargando a tutti i cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento; il diritto di voto alle donne diventa il primo passo che porterà negli anni seguenti ad un ulteriore passo verso la piena uguaglianza tra uomini e donne… sulla carta!
Viene istituito l’Unesco, acronimo di United Nations Educational Scientific and Cultural Organisation, per favorire la collaborazione tra le nazioni in nome della tutela dei diritti e della libertà fondamentali dell’uomo e sostenere la crescita educativa e culturale dei paesi devastati dalla guerra.
In teatro debutta Napoli milionaria di Edoardo de Filippo, “Napoli vive le fasi conclusive del secondo conflitto mondiale, tra rastrellamenti nazifascisti e bombardamenti alleati. Un’altra guerra sta per abbattersi sulla famiglia di Gennaro Iovine e in generale sul popolo partenopeo, colpevole e insieme vittima di una mancata ricostruzione materiale e morale e di una “nottata” non ancora trascorsa.”
Viene istituita la Banca Mondiale, studiata per sostenere la ricostruzione nei territori dell’Europa e del Giappone più colpiti dalla seconda guerra mondiale. Il suo campo d’azione si è allargato nei decenni successivi ampliando gli obiettivi iniziali, cambiando modalità nel 2007. Ancora oggi è presente.
Ti segnalo un libro che, pur non riguardando direttamente l’Italia e non essendo scritto da un autore italiano, interpreta meglio di molti altri il senso profondo di cosa può essere l’approccio letterario alla storia di un paese, di una società. Questo libro è:
Gli anni dell’autrice francese Annie Ernaux, pubblicato in Italia nel 2015 – Editore L’orma -. Un libro con cui l’autrice “vorrebbe unificare la molteplicità di quelle immagini di sé, separate, non accordate fra loro, tramite il filo di un racconto, quello della sua esistenza, dalla nascita durante la Seconda guerra mondiale fino a oggi. L’esistenza di un singolo individuo, dunque, ma allo stesso tempo fusa nel movimento di una generazione”. Un libro che allo stesso tempo teorizza e realizza narrativamente quella fusione fra storia individuale e storia collettiva che è lo specifico contributo che la letteratura può offrire alla pratica e alla didattica della storia.
Potrei continuare ancora parlandoti di altri eventi ma rischierei di essere prolissa.
Come detto in premessa questo 1945 è un anno che non c’è ma che ci parla ancora, attraverso le immagini, i fatti, gli eventi, e i libri. Certo la produzione letteraria è univoca, le tematiche riguardano la guerra, la liberazione, gli orrori vissuti, ma aiutano a non dimenticare; ci fornisce strumenti fondamentali ai fini della crescita culturale di cui abbiamo bisogno per evitare che episodi come la Shoah trovino nuovo spazio. Molti dei fatti che leggiamo nelle pagine di un libro colpiscono la nostra sensibilità, ci danno una panoramica molto più ravvicinata di realtà come quelle della guerra, del genocidio e della violenza, ma anche della miseria e del dolore, che, pur essendo onnipresenti intorno a noi, tendono sempre a raschiare solamente la superficie delle nostre coscienze, poiché sono talmente estreme, che valutiamo spontaneamente un contatto diretto con esse come inverosimile.
Come per l’ultimo libro che ti segnalo:
Finchè le stelle saranno in cielo
di Kristin Harmel
“Da sempre Rose, nell’attimo che precede la sera, alza lo sguardo a cercare la prima stella del crepuscolo. È quella stella, anche ora che la sua memoria sta svanendo, a permetterle di ricordare chi è e da dove viene. La riporta alle sue vere radici, ai suoi diciassette anni, in una pasticceria sulla rive della Senna. Il suo è un passato che nessuno conosce, nemmeno l’amatissima nipote Hope. Ma adesso per Rose, prima che sia troppo tardi, è venuto il tempo di dar voce a un ultimo desiderio: ritrovare la sua vera famiglia, a Parigi. E, dopo settanta lunghi anni, di mantenere una promessa. Rose affida questo compito alla giovane Hope, che non ha nulla in mano se non un elenco di nomi e una ricetta: quella dei dolci dal sapore unico e inconfondibile che da anni prepara nella pasticceria che ha ereditato da Rose a Cape Cod. Ma prima di affidarle la sua memoria e la sua promessa, Rose lascia a Hope qualcosa di inatteso confessandole le proprie origini: non è cattolica, come credeva la nipote, ma ebrea. Ed è sopravvissuta all’Olocausto. Hope è sconvolta ma determinata: conosceva l’Olocausto solo attraverso i libri, e mai avrebbe pensato che sua nonna fosse una delle vittime scampate all’eccidio. Per questo, per dare un senso anche al proprio passato, Hope parte per Parigi. Perché è nei vicoli tra Place des Vosges, la sinagoga e la moschea che è nata la promessa di Rose, una promessa che avrà vita finché le stelle saranno in cielo.”
Una storia sul senso della vita, che non va mai come noi la programmiamo ma che ci può riservare comunque la possibilità di essere felici, a patto di viverla senza paura. Una storia sul destino, che unisce e separa. Una storia dolce e amara al tempo stesso, da leggere se non si ha paura di piangere ed emozionarsi. Il romanzo ruota attorno al tema della memoria. Hope scopre la verità sulla sua famiglia e scopre così che non possiamo dimenticare quanto è successo nei tempi bui dell’Olocausto. Un evento tanto storicamente accettato quanto poco conosciuto.
Narra molto di più della tristezza dell’Olocausto. Racconta la solidarietà nata fra le persone nonostante le differenze culturali. Per molti è sconosciuto l’aiuto dato dai Musulmani agli Ebrei in fuga dal nazismo.
Con le informazioni storiche, caro iCrewer, spero di “aver aperto una finestra sul mondo” affinché si sia portati a riflettere un po’ di più sull’umanità intera, affinché l’amore e la speranza possano indirizzarci in un mondo migliore.