A spingermi a leggere The High Mountain Court di A. K. Mulford, tradotto da pubblicato in Italia da HarperCollins, sono stati principalmente due elementi: la copertina (bella, ma a mio gusto personale forse ci sarebbe stato bene come sfondo anche un rosso meno saturo e più… rosso), e la trama (ho sempre voglia di un epic fantasy con combattimenti e viaggi a cavallo). E devo dire, che le mie aspettative sono state soddisfatte.
Prima di proseguire oltre, credo sia il caso di dare qualche informazione tecnica sulla saga di cui questo romanzo fa parte, visto che quando si parla di fantasy, è bene aver presente in cosa ci sta per imbarcare, secondo me. The High Mountain Court è il primo capitolo della saga I cinque regni di Okrith, che al momento conta, in inglese, quattro volumi principali e tre novelle. Così, per esperienza, direi che ne manca almeno un quinto, un po’ per come A. K. Mulford ha intitolato la serie, un po’ perchè… lo lascio scoprire a te, ti basterà leggere le trame dei volumi successivi, una volta terminato questo (e non prima, mi raccomando: rifuggi gli spoiler!).
E ora, parliamo di trama!
Come se ciò non bastasse (perchè le disgrazie non arrivano mai da sole), tra tutti i tipi di streghe, Remy è il più ricercato: il re della Corte del Nord paga profumatamente per le teste delle streghe rosse. Non c’è da stupirsi, quindi, che la sua prima reazione sia fuggire a gambe levate, quando il fae più attraente che lei abbia mai visto riconosce la sua magia in un solo attimo.
Non sorprende, però, che i progetti di fuga non vadano a buon fine (o di cosa parlerebbero le altre quattrocento e più pagine?) e in men che non si dica, Remy si ritrovi imbarcata in un’impresa dalla dubbia riuscita, in compagnia di un Principe che le fa venire l’acquolina in bocca, ma a cui sa di dover rimanere il più lontano possibile. Cosa mai potrà andare storto?
The High Mountain Court di A. K. Mulford: la mia recensione
Inizio subito con il dire che The High Mountain Court di A. K. Mulford mi è piaciuto – anche se ammetto di averci messo più di quanto è consono a capire che la Corte degli Alti Monti e la Corte del Nord sono due posti diversi; forse avrei dovuto prestare più attenzione alla mappa iniziale.
Lo stile di A. K. Mulford è perfetto per l’epic fantasy: descrittivo, in modo da non lasciare che il lettore si perda qualche dettaglio del mondo fantastico in cui la vicenda è ambientata, ma non troppo pedante. La trama è scorrevole, con i colpi di scena al momento giusto e una buona dose di battaglie. Certo, qualche snodo non è tra i più originali (scommetto che hai già una vaga idea delle coppie principali di questa vicenda, anche se meglio sempre sospendere il giudizio), ma sono bilanciati dagli episodi che proprio non mi sarei aspettata andassero in quel modo.
Anche le scene erotiche sono ben scritte e presenti in giusta quantità, a mio parere: ci sono, è giusto sapere che arriveranno (così da non essere colti di sorpresa, nel caso sia qualcosa che non si desidera leggere), ma non sono per nulla l’aspetto principale della vicenda, anzi.
Quello che credo di aver apprezzato più di tutto sono forse i personaggi di A. K. Mulford. Mi piace il loro piglio nel parlare; l’ironia che non risparmia nessuno; il loro desiderio di fare la cosa giusta, di dare tutti loro stessi per ciò in cui credono.
Remy ovviamente la un posto d’onore. Non solo è la protagonista femminile, ma subisce anche uno sviluppo molto interessante: per anni è stata costretta a nascondersi, a non pronunciare mai il suo nome, anzi, meglio addirittura pensarlo il meno possibile. Sempre in guardia, sempre all’erta e pronta a correre. Per questo è estremamente verosimile che le sue barriere necessitino di tempo per crollare, che non basti un sorriso ammiccante di Hale perchè tutto si risolva (mi rendo sempre più conto di preferire le relazioni che sbocciano più avanti nel testo, rispetto alle “amore a primo sguardo”, ma sono gusti). La giovane è divorata dai dubbi, non prende nessuna decisione a cuor leggero, e ciò rende ogni sua azione tanto più importante.
Fortunatamente anche Hale, il protagonista maschile, è un personaggio ben costruito (il pericolo del solo-bello-e-misterioso era dietro l’angolo, ma per questa volta la scampiamo). Nulla di quello che fa è facile, scontato; c’è sempre una motivazione più profonda. Beh, forse non quando fa innervosire Remy, in quel caso vuole semplicemente essere dispettoso, credo. Incarna la difficoltà di districarsi tra le aspettative sociali e i desideri personali, il dover indossare la maschera giusta al momento giusto, soltanto per sopravvivere.
In generale, di potrebbe pensare che The High Mountain Court di A. K. Mulford sia semplicemente un romanzo d’avventura, ma sarebbe una semplificazione. È un libro che parla della sofferenza di essere soli, di discriminazione, di pregiudizi e compromessi; di amicizia, di lealtà, di perseveranza e d’amore.
Ho solamente un dubbio, che non è una critica, quanto più potrebbe una carenza di conoscenza personale, visto che non ho ancora letto così tanti romanzi con personaggi fae: i fae – o almeno qualche loro Corte – non dovrebbero avere le ali? Perchè se hanno le orecchie a punta, una forza superiore al normale e sensi super sviluppati, la possibilità di usare la magia, ma niente ali, non sono degli elfi? E premetto che so che ogni autore può caratterizzare il proprio mondo fantasy come preferisce; si tratta semplicemente di una domanda.