Sul postmodernismo e sulla letteratura postmoderna si sono riversati, fiumi, oceani di parole. Occorre tuttavia una sintesi non prettamente filosofica, letterarie ed enciclopedica per aiutare il lettore a districarsi in quello che, con ogni probabilità, è il labirinto più fitto, esteso e impegnativo della letteratura contemporanea mondiale.
L’intento di quest’articolo è, dunque, quello di fungere da “guida pratica” per quanti volessero approcciare un genere letterario che, più che come un genere, si configura come un macrosistema, un calderone, una forma di pensiero e uno stile di vita.
La letteratura postmoderna è un mare magnum ricchissimo di sottogeneri, come, ad esempio, l’autofiction di cui abbiamo già scritto qui su IcrewPlay Libri. Altri principali sottogeneri sono lo steampunk (la fantascienza ambientata in epoca Vittoriana, anche nota come fantascienza del vapore) ed il cyberpunk, l’iperromanzo, il realismo magico (per intenderci quello di “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez), letteratura post coloniale e la metanarrazione.
Sembra un universo troppo vasto da esplorare e, come in fondo tutte le cose di questo mondo, anche il postmodernismo non ha confini temporali e strutturali ben definiti. Se proprio dovessimo dare una collocazione temporale arbitraria potremmo dire che dal 1941 (anno della morte di Virginia Woolf e James Joyce, due dei principali esponenti del modernismo) ad oggi è, in letteratura, il genere dominante. Per quanto concerne la struttura, possiamo giusto trovare dei punti ideologici in comune che sono: un forte stato di malessere, un senso di smarrimento, una ribellione agli schemi dati (ad esempio la concezione illuminista o verista) e all’oggettività, una pluralità di linguaggi, una frammentazione del reale così come un io problematico e frammentato, personaggi contraddittori e poco approfonditi, una visione pessimistica della realtà vista dal soggetto, una diffidenza verso il “progresso” industriale e scientifico ma anche verso internet, i mass-media e, principalmente, verso l’economia capitalista.
Da ciò ne deriva che tematiche predilette dai postmodernisti siano: soggettivismo metafisico nella costruzione di personaggi comunque sempre problematici, poco delineati, spesso frammentati e monodimensionali; gli inganni e le trappole della narrazione e della letteratura in generale (il concetto di fiction o finzione che abbiamo visto anche nell’articolo sull’Autofiction); complotti, intrighi, segreti, metastorie; i limiti alla capacità di conoscere decretati anche dalle scienze (principio di indeterminazione di Heisenberg, entropia, teoria della probabilità, teorie del caos, ecc.); la società dei consumi con la sua spettacolarizzazione delle merci; i simulacri nel senso previsto da Jean Baudrillard, cioè di significanti privi di un vero significato; l’impossibilità di ricomprendere la complessità del reale con un unico discorso conoscitivo (o “grande narrazione” nel senso di Jean-François Lyotard).
Romanzi come “Cent’anni di solitudine” di Marquez, “Le città invisibili” o “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino, “il nome della rosa” di Umberto Eco, “Mason e Dixon” di Thomas Pynchon, “Comma 22” di Joseph Heller hanno tutti delle caratteristiche comuni, che, sintetizzando, sono la volontà di decostruire il reale, di utilizzare schemi della letteratura realista per smascherarne il senso di onniscienza e oggettività, l’imitazione di stili premodernisti (si pensi all’influenza del “Don Chisciotte” di Cervantes sul postmodernismo), all’imitazione di stili ottocenteschi o anche settecenteschi, una spiccata pedanteria nel lessico, nel citazionismo e nella grammatica, utilizzo di scene surreali, gag comiche, repulsione per la guerra.
Tutto questo perché, seguendo le parole di Eco:”La risposta post-moderna al moderno consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, perché la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente. Il passato ci condiziona, ci sta addosso, ci ricatta.” Ne deriva una profonda affinità d’intenti con le principali avanguardie del primo 900. Futuristi, dadaisti, surrealisti, modernisti sfidavano l’autorità costituita con tecniche nuove come, ad esempio, il flusso di coscienza, la scrittura automatica, il nonsense, il collage, il pastiche, l’imitazione, la parodia, il criticismo. Tutte queste tecniche sono riprese dai postmoderni con una visione più matura, meno ingenua rispetto alle avanguardie storiche, consapevole che non è possibile cancellare il passato e riscrivere il futuro, ma che bisogna in qualche modo sopravvivere, adattarsi ad un mondo ingiusto, sbagliato, sfuggente ed incomprensibile, caotico, ostile o, quantomeno, indifferente.