Buongiorno carissimi iCrewers, oggi vogliamo presentarvi un libricino un pò particolare che potrebbe farci riflettere su ciò che noi siamo e sulle nostre vite.
Sto parlano di “La vita è in salita” di Mario Tosi, un manuale che nasce con l’intento di risvegliare le coscienze delle persone nel tentavo di alleggerire le menti.
“Erroneamente si crede che il meglio della vita è proprio all’inizio. Spesso si guarda l’infanzia come modello di felicità, di spensieratezza, quasi a rivendicare quello stato come il momento più sublime della vita. Poi si analizza l’adolescenza, la giovinezza, si sempre così, si cresce e poi si rivendicano le varie fasi precedenti e le si prendono a modello, e modelli in cui sarebbe meglio vivere. Ci si sofferma però sempre sugli aspetti positivi. Un bimbo corre, gioca, coglie un fiore, sorride, mangia un ghiacciolo. Ma cade tante volte, batte la testa, finisce all’ospedale…
Se mi chiedete se rimpiango quell’età ricordandomi anche dei punti presi all’ospedale, rispondi di no. Va così, la felicità si cerca di trovarla sempre nel fare, nel movimento (Non si creda che non considero anche altri aspetti, come stare insieme, in gruppo, ma questo non vuole essere il concetto). Si gioca al pallone, a pallavolo, si fa atletica, poi si comincia a correre in macchina,a prendersi le sbronze, a volare in discoteca. Tutto davvero divertente……. Gli infortuni? Sono contemplati…. Un piede rotto in un contrasti di gioco, una storta sui tacchi, un fianco che duole per lo sforzo, anche un incidente in macchina, per colpe poi? Così.
Ma contemplate da chi? E perché? Perché in fondo ci stiamo divertendo…… E le contempla la nostra cultura, la società, che ci sprona verso il tipo di vita ideale, lavoro ma divertimento, e che trasmettiamo inevitabilmente e in buona fede, a chi vogliamo bene, già. Noi però prima di agire pensiamo. Bisogna dire che da ragazzi, giovani, adolescenti, non si agisce più di tanto, ma si reagisce si vive d’istinto, di riflesso. In sostanza c’è poca azione e anche poco pensare. Se la fortuna vuole però, e mi piace parlare di fortuna, a cinquanta, sessant’anni può succedere che una persona riesca a rallentare, fare un passo indietro e cominciare a osservare con il giusto e sano criticismo gli anni fin lì trascorsi. Ricordare i momenti piacevoli, si, ma anche quelli meno belli, quelli tristi, quelli bui, quelli dei punti presi, delle storte e farsi finalmente una risata di tutte quelle tribolazioni.
Lasciarsi respirare, guardarsi intorno, osservare gli alberi, i palazzi, una fontana, entrare nel presente. In questa fase di stallo ma di indiscusso relax, i corpo ne trae beneficio, si ricarica, la mente è divertita, si sta per entrare in quella fase della vita che sembra ormai superflua, la maturità. Ma ci vuole fortuna, e si. In genere si crede che cinquanta e poi sessant’anni sono l’inizio di un declino (Che non è proprio una bella parola), e questo perché andiamo avanti, crediamo che tutto debba partire da movimento, dall’azione, che poi non è azione, dall’agire che non è agire, o dalle risposte che ci da il nostro corpo. Ma di certo a cinquanta sessant’anni non si possono più fare i cento i metri in undici secondo….. a sessant’anni spesso non si vedono bene i pali di una porta da calcio, figuriamoci a driblare un avversario.
Le discoteche diventano le balere di musica latina e di liscio, è così. in genere si comincia più a proiettarsi nel futuro, e sarebbe già qualcosa, a rimpiangere il passato, lamentarsi che la vecchiaia si avvicina, che non si hanno più vent’anni, che cominciano i dolori….. Molti si salvano, magari, i più però no, e ci si trova di fronte a dei bambini nell’animo, ma con un copro che invecchia. Lo step c’è, basta un pò di fortuna, e io che lo decidendo. Fate la prova, a qualsiasi età vi troviate cominciate ad osservare il mondo, fermatevi un attimo sul balconcino di casa, e provate a ridere di ciò che è stata la vostra gioventù, che poi, non è altro che l’esperimento, il laboratorio necessario per comprendere quella che è la fase successiva, non la vecchiaia, ma appunto la maturità, e di tutte quelle corbellerie che si combinavano, c’è da ridere a crepapelle.
Li sta il segreto li inizia la maturità, quando si comincia a ridere di ciò che è stato. La mente adesso comincia a riflettere, l’istinto cade, il corpo diventa più morbido, meno teso. Ora si può agire, e l’azione è diretta, rapida, centrata. Nuovi stimoli sorgono spontanei, si torna a crescere, con un corpo che adesso fa un pò meno male, si intravedono nuovi e più emozionanti traguardi, il futuro inizia di nuovo e la mente adesso fa la mente.”
Un interessante opera che sicuramente avrà un effetto positivo sul lettore che si cimenterà nella lettura… e per questo motivo vogliamo lasciarvi anche breve estratto per conoscere meglio il pensiero di questo autore.
“L’autoironia è sempre terapia ed è una affermazione intelligente. Arrivare in questo caso a ridere della propria gioventù, significa iniziare un passaggio importante per crescere. Quando si ride di qualcosa, si crea immediatamente una barriera con ciò che ha scaturito quella risata. Ridere, equivale a prendere le distanze e osservare con meno interesse. La gioventù può così non destare più tanta attenzione e la si lascia andare, allontanare. Ora si respira, ci si guarda attorno, si fa un passo indietro rispetto alle convinzioni e si scopre che l’azione non era l’unica arma di felicità.
Crogiolarsi nel presente è tonificante e trasversalmente gratificante. Si può vivere una fase in cui tutto riprende colore, felicità, a tal punto da tenersi, adesso, volontariamente distanti dal passato, da ciò che è stato. Ecco perché spiego che con il passare degli anni la vita va in salita. Questo passaggio non spinge un individuo ad invecchiare, ma a crescere, rilassarsi e gioire maggiormente. Se è vero che il corpo non è più quello di un tempo e l’energia che l’attraversa più labile, è vero anche che una persona che si ferma nel presente, a qualsiasi età si trovi, ha più facilità a controllare quella stessa energia e a dosarla. Il piacere rimane, forse migliora, perché meno cercato, e si può gestire più facilmente. Ogni fare può prendere una piega diversa, maggiore è la complicità con i propri movimenti, da potersi finalmente sentire dentro un corpo.
E chi se ne frega di giocare al calcio, dei salti in discoteca, di salire la fune, di correre in macchina, e di tutto quelle cose dove forzavamo, e lo sapevamo, il nostro fisico. L’idea stessa di non affrontare più necessariamente quelle fatiche fatte per divertimento, dovrebbe darci già un effettivo senso di pace, di armonia. Se questo risulta essere per qualcuno un abile trucco di sopravvivenza, non di meno, cercherò di sminuirne tutta l’importanza, l’efficacia.
La meta del viaggio, della ricerca è come dicevamo, il ricercatore e se questa nuova condizione significa ritrovarsi, allora l’abbiamo raggiunta. Siamo diventati la ricerca stessa. Questo significa tanto nell’esposizione di questo testo. Scoprirsi, risveglia in noi un assoluto
senso di appartenenza, di essere qualcosa, ed è come essere riusciti a fermare il tempo, e sentirsi immortali. Realizzare così, che il futuro è prima ancora una proiezione mentale di ciò che volevamo o credevamo accadesse, in base a quelle che erano le nostre aspettative.
Ognuno trascorre e percepisce di fatto, il tempo in maniera fin troppo soggettiva.”
L’autore, che scrive sotto lo pseudonimo di Mario Tosi, ci invita a vivere la vita con più maturità. Ci invita a riflettere e ridere di ciò che è stato senza condannarci eternamente.
Un libro sicuramente da gustare anche per la leggerezza e la semplicità con le quali i temi vengono trattati.
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