Ogni anno che passa è diverso da quello che lo ha preceduto, ogni anno porta con sé un baule, un bagaglio ove vengono custoditi tutti gli eventi che, giorno dopo giorno, lo hanno caratterizzato; che questi avvenimenti siano belli o meno belli poco importa, ciò che è accaduto viene conservato gelosamente nella memoria di ognuno di noi. È naturale che se ti chiedessi cosa tu ricordi, caro iCrewer, del 1989 indugeresti qualche attimo sulla risposta da dare, sentendo la necessità di fare mente locale e riflettere su ciò che in quell’anno sia accaduto a te, nello specifico, e al mondo intero, in generale: ma ciò è perfettamente plausibile, perché è ciò che accade anche a me, anzi, ti dirò, la prima cosa che mi viene in mente pensando al 1989 è la mia età anagrafica di quel periodo e alla scuola che frequentavo: il giardino curato e assolato dove la maestra, con la sua voce acuta ma allo stesso tempo dolce, si profondeva in lezioni di botanica e, di tanto in tanto, ci faceva guastare quel frutto formato da piccolissimi grappoli chiamato mora, il mio grembiulino blu notte e i capelli sempre ordinati in meticolose trecce… La verità, caro il mio amico lettore, è che ogni anno che passa rappresenta per noi una crescita personale ove gli accadimenti ci hanno fatto sorridere, piangere, riflettere e persino avere paura, fatto sta però che dovremmo tenere un diario dove annotare cosa l’anno passato ci ha portato e insegnato.
Detto questo voglio di seguito parlarti di alcuni fatti che hanno reso memorabile il 1989.
5 giugno 1989: la strage di Piazza Tienanmen
Prima di leggere quanto segue ti invito a osservare l’immagine qui riproposta… sono assolutamente certa che in questo frangente la tua mente abbia iniziato a mettersi in movimento e, se per un verso forse non ricorderai l’evento, per altro verso non potrai non conoscere la scena: questo giovane studente, che alcuni ritengono invece si tratti di un contadino – ma a conti fatti poco importa la qualifica professionale rivestita dallo stesso in quel momento – fermo, immobile si pone dinnanzi all’incedere, non di uno, bensì di una fila di carri armati; ci sono momenti in cui, presi da quella che è la nostra voglia di combattere le ingiustizie, pensiamo di essere in grado di fare la qualunque, persino sfidare un simile mezzo armato con solo il nostro corpo, senza considerare che in quel preciso istante la proporzione tra noi e il mezzo è paragonabile a quella che esiste tra una formica ed un elefante. Ma perché questo giovane uomo si è reso protagonista di un’azione tanto perigliosa? Devi sapere che nel giugno del 1989, a Pechino, gli studenti organizzarono una grande manifestazione – pacifica – per chiedere al Governo maggiori garanzie sociali, economiche e politiche. Il Governo, però, dal canto suo, piuttosto che risolvere in maniera composta la questione, come regola diplomatica vorrebbe, autorizzò l’ingresso in città dei carri armati che, nella notte del 3 giugno 1989, inesorabili avanzarono dando vita a quella che fu poi definita come la strage di Piazza Tienanmen: Amnesty International ha stimato la morte di circa mille persone, mille persone che stavano solo esprimendo, in maniera del tutto pacata (sic!) i loro diritti. Ciò non importò al Governo che diede comunque l’ordine di aprire il fuoco spezzando, così, vite innocenti.
Il massacro perdurò per i due giorni successivi, poi, la mattina del 5 giugno 1989 eccoli lì questo minuto uomo, al quale noi dobbiamo tutta la nostra ammirazione, con coraggio – e forza – si è frapposto all’avanzare maestoso di una intera colonna di carri armati regalando una prezioso contributo storico che oggi, come allora, non può fare a meno di scuotere le coscienze.
Quel che è veramente desolante è che il Governo tende a inquisire ogni forma di ricordo e/o celebrazione di quei momenti, non solo sulla rete, ma altresì con atti di intimidazione.
9 novembre 1989 la caduta del Muro di Berlino
Ricorderai, di certo, che parecchi anni fa or sono – esattamente nel 1961 – la città di Berlino venne divisa in due parti: Berlino Est e Berlino Ovest; un muro alto e ben fortificato venne eretto impendendo così il passaggio da una zona all’altra. Tutto ciò ebbe luogo all’indomani della fine della II Guerra Mondiale a causa dei dissapori insorti tra comunisti ed alleati. A pagarne le spese, come sempre, ne fu il popolo che per colpa degli screzi politici e bellicosi ha visto erigersi nella notte del 12 agosto 1961 un muro di cemento. Il mattino seguente, poi, fu la volta del filo spinato che correva per 155 km; i mezzi di trasporto vennero bloccati e fu categoricamente impedito attraversare la parte opposta. E così tutti coloro che abitavano le case poste proprio al confine vennero sfrattate, numerose furono le famiglie che si ritrovarono per forza di cosa divise dai loro cari: taluni rimasero nella parte Est, altri nella parte Ovest.
Inutile dirti che i tentativi di fuga furono i più disparati, anche se non tutti andarono a buon fine; molte furono le persone che persero la vita nel tentare di eludere, non solo il muro, ma persino gli scrupolosi controlli; onde evitare quindi, o comunque scoraggiare, la fuga, il muro venne reso più robusto, e venne realizzata quella che è nota come striscia della morte, che oltre al filo spinato prevedeva un fossato e una strada costantemente controllata da militari, armi automatiche, allarmi e torri di controllo, tanto che cercare di raggirare tutto ciò diventava pressoché impossibile. Tuttavia si registrano casi, taluni piuttosto irriverenti, se vogliamo, di gente che tentò la fuga riuscendovi: qualcuno pensò bene di nascondersi nelle parti più singolari di un Trabant, ovvero l’auto utilizzata all’epoca, o ancora si narra di una donna che riuscì a fuggire da Berlino Est rannicchiata all’interno di un amplificatore, e vi fu persino chi ingegnò una mongolfiera; tutte queste storie sono custodite nel Museo del Muro del Checkpoint Charlie.
Fu Solo 28 anni dopo, grazie all’apertura della frontiera fra Austria e Ungheria, avvenuta nel maggio del 1989, unitamente a tutte le manifestazione tenutesi ad Alexanderplatz, che il 9 novembre del 1989 la Repubblica Democratica Tedesca annullò il divieto imposto di raggiungere la zona Ovest della città e la gente pensò bene di raggiungere i punti di controllo ove nessun militare, nessun allarme li ostacolò. Il giorno seguente iniziarono a crearsi le prime brecce nel muro fino alla sua totale distruzione.
Oggi ciò che resta del muro di Berlino, la parte più importante, si trova nella zona meglio nota come East Side Gallery, dove è possibile ammirare ben 13 km di muro arricchito da graffiti che ripercorrono la storia della città e, quindi, del muro.
Capisci bene come la caduta del muro di Berlino non rappresenti solo uno degli eventi protagonisti del 1989 ma uno degli avvenimenti più vissuti e sofferti di tutta storia dell’umanità, che ha fornito all’immaginario collettivo un prezioso fondamento storico per tutte le generazioni passate ma anche per quelle future.
A questo proposito, mi fa piacere segnalarti un libro nel quale mi sono imbattuta e che è stato realizzato in occasione della celebrazione ventennale della caduta del muro di Berlino, 1989 Dieci storie per attraversare i muri, edito da Orecchio Acerbo, 1 gennaio 2009 «Profondamente radicato nella memoria di diverse generazioni, il muro di Berlino è ancora oggi un simbolo di resistenza, un luogo di sofferenza e parole altisonanti. Ma anche dopo la sua caduta gli uomini non hanno smesso di erigere nuovi muri. Meno simbolici, meno noti, addirittura nascosti, tuttavia eretti con lo stesso miscuglio di odio, paura e mancanza di immaginazione. Lo stesso misero impasto dei muri immateriali che separano gli uomini per razza, religione, cultura, ricchezza. Dieci racconti, ricchi di fantasia e colorate suggestioni, dedicati ai bambini da alcuni fra i più grandi scrittori di tutt’Europa. Per un ideale, enorme graffito contro l’intolleranza e contro il tetro grigiore dei muri. Per nuovi, giovani architetti che alla ottusa rigidit dei muri sostituiscano l’acuta flessuosità dei ponti. Età di lettura: da 10 anni.»; un libro pensato per i bambini che vuole lanciare loro un messaggio: non bisogna erigere dei muri nella propria vita, questi ultimi servono solo ad allontanare e non ad avvicinare, le barriere non fanno altro che fomentare i problemi piuttosto che dissiparli. Tra gli autori anche l’illustre Andrea Camilleri autore della storia dal titolo L’uomo che aveva paura del genere umano.
20 novembre 1989 Convenzione sui diritti dell’Infanzia
I bambini rappresentano di certo la parte della popolazione che ha maggiore necessità – oltre che diritto – di essere tutelata: un adulto, nel bene o nel male, è capace di difendersi ma un bambino no, i bambini hanno l’innocente convinzione che chi tenda loro la mano abbia il solo scopo di tenergliela stretta e proteggerli e non pensano invece che quella mano, molto spesso, possa far loro del male. Così, al fine di tutelare i bambini di tutto il mondo il 20 novembre 1989 fu approvata, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Convenzione sui diritti dell’infanzia. Questa rappresenta il trattato sui diritti umani che sino ad oggi ha ottenuto maggiori ratifiche, per l’esattezza 196, l’Italia è tra questi Paesi: quest’ultima si è adeguata con la Legge del Maggio 1991. La Convenzione è composta da 54 articoli e da tre Protocolli opzionali che riguardano, nello specifico, i bambini in guerra, lo sfruttamento sessuale e le procedure di reclamo (che consente anche ai minorenni – individualmente o in gruppo – di sollevare reclami relativi a specifiche violazioni dei propri diritti).
Il testo si presenta ripartito in tre parti, la prima contiene l’enunciazione dei diritti (artt. 1-41), la seconda individua gli organismi preposti e le modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione (artt. 42-45), mentre la terza descrive la procedura di ratifica (artt. 46-54).
Il 20 novembre di ogni anno si celebra quindi la Giornata Mondiale dei Diritti dei Bambini, non scordiamolo mai. Per quanto mi riguarda ho sempre la vana speranza che un giorno i bambini di tutto il mondo possano stringersi in un cerchio come questo che vedi riprodotto sotto: nella mia visione del mondo perfetto ci sono solo bambini felici, bambini amati, bambini sorridenti.
Il 1989, però, è stato anche un anno che ha visto numerose produzioni letterarie; per te ho scelto due romanzi appartenenti a due celebri autori. In questo anno il grande Luis Sepúlveda, dava vita a Il vecchio che leggeva romanzi d’amore; prima stesura nel 1989, considerata opera d’esordio dell’autore e verosimilmente anche la più importante.
Luis Sepúlveda dedica questo suo romanzo ad un Vecchio che viveva da solo nella foresta amazzonica: a questi l’autore pensa ogni qualvolta si ritrova fra le mani Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, eppure l’autore con quel Vecchio ha scambiato solo poche parole, parole che però hanno avuto l’effetto di far imparare allo stesso il mestiere di scrittore. «Scrissi il libro per il Vecchio, gli prestai la cura e il rigore dei romanzi che lui amava leggere nella solitudine del suo mondo verde sempre più minacciato.»
«Il vecchio Antonio José Bolívar vive ai margini della foresta amazzonica ecuadoriana. Ha con sé i ricordi di un’esperienza – finita male – di colono bianco, la fotografia sbiadita della moglie e alcuni romanzi d’amore che legge e rilegge in solitudine. Ma il suo patrimonio è una sapienza speciale che gli viene dall’aver vissuto dentro la grande foresta, insieme agli indios shuar: un accordo intimo con i ritmi e i segreti della natura che i gringos, capaci soltanto di sfruttare e distruggere, non sapranno mai capire. Solo un uomo come lui potrà dunque adempiere al compito ingrato di inseguire e uccidere il tigrillo, il felino che, accecato dal dolore per l’inutile sterminio dei suoi cuccioli, si aggira minaccioso per vendicarsi sull’uomo. Questa è la storia del loro incontro, ma soprattutto è un canto d’amore dedicato all’ultimo luogo in cui la terra preserva intatta la sua verginità.»
«Da far leggere assolutamente soprattutto ai giovani e ai giovanissimi di cui sarà il mondo di domani.» (Grazia Cherchi)
La seconda opera, nata nel 1989, e della quale ti voglio parlare è Preghiera per un amico di John Irving. Un libro profondo, un libro che ti insegna il valore dell’amicizia, ovvero il valore di avere qualcuno accanto che ti impedisce di mettere a punto quelle scelte che, come dire, potrebbero segnarti per tutta la vita. Ma questa opera di fa sentire anche il valore della Fede, un argomento non di facile approccio per molti: spinoso, suggestivo, amato, criticato, insomma sono tanti gli aggettivi che potremmo elencare; ma ti dirò, a primo impatto ciò che di questo libro mi ha colpita è proprio il titolo. Sì, hai letto bene. Poi ho letto la trama, un breve estratto e mi sono convinta che questo libro dovesse essere davvero speciale, uno di quei libri che il 1989 ci ha regalato, uno di quei volumi che ogni libreria dovrebbe contenere.
«Un giorno qualunque dell’estate 1953, con una palla lanciata durante una partita di baseball, Owen Meany uccide per sbaglio l’adorata madre del suo più caro compagno di giochi, John Wheelwright. Un’amicizia, quella tra i due ragazzi, singolare e resa speciale dall’unicità di Owen, che, incredibilmente minuto e dotato di un’eterea vocetta nasale, catalizza le attenzioni di chiunque lo incontri. Acuto e introspettivo, polemico e riflessivo, filosofo e fervido credente, è lui che, dopo la prematura scomparsa della madre di John, veglia sull’amico, inducendolo a terminare gli studi e a sfuggire all’arruolamento per il Vietnam. Owen Meany diviene così il ritratto di una creatura eccezionale, toccante, comica e al contempo fatale.»
Ed eccoci quindi giunti, caro il mio lettore, al termine di questo articolo… ricordati, conserva di ogni anno ogni pagina perché ognuna di essa rappresenta il tempo prezioso che ti appartiene!